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La parola dell’anno è Fiducia

Mai come quest’anno mi sono trovato a riflettere sul significato della parola fiducia. In ambito lavorativo ma anche personale. E quest’anno dobbiamo avere fiducia negli altri per uscire da una crisi epocale come poche altre nella storia dell’umanità. Provo a cercare conforto nell’analisi del significato stesso della parola.

Il primo termine che mi viene in mente è l’inglese Trust.

trust | trʌst |

In inglese Trust è qualcosa o qualcuno in cui avere fede a causa dell’affidabilità, della verità o di una qualche abilità incontrovertibile. Questo senso di fiducia è così forte che grazie ad essa un’essere umano acquisisce una posizione dominante. Ma è anche la fiducia di chi crede in Dio: “In God We Trust” è scritto sulle banconote americane. Sembra che sia una parafrasi di un salmo dell’Antico Testamento.

La banconota da 1 Dollaro con “In God We Trust”.

Trust in inglese è un termine anche legale: il Trust indica un rapporto giuridico nel quale una persona amministra dei beni per conto di terzi, un sistema giuridico della common law che indica qualcosa di più rispetto alla fiducia, un affido (o affidamento). Ma Trust assume un significato negativo, e probabilmente più noto, quando è inteso come una coalizione di imprese che unite vogliono limitare la concorrenza. E infatti parliamo di antitrust quando si configura una situazione di monopolio. Curioso che da una fiducia quasi sacra alla coalizione monopolistica il passo sia così breve.

Ma l’inglese ha tante parole molto specifiche e non ci può dare grandi soddisfazioni etimologiche. Per quello, c’è il greco antico. E infatti esiste in questa lingua una parola ricca di significati, tra cui fiducia.

πίστις | pistis |

La parola greca Pistis ha come significato proprio fiducia, la fiducia che si può dare, guadagnare, ma comunque una fiducia importante. Tanto che in Aristotele diventa fede, convinzione saldissima – in qualcosa o in qualcuno. Fin qui, il significato è simile a quello inglese, tanto che la Pistis è la fede religiosa e la garanzia ‘contrattuale’, un’assicurazione, una promessa e addirittura un giuramento. Questa parola in latino diventa Fides, la personificazione della lealtà, la Dea del pantheon romano che ha il suo tempio sul Campidoglio. Pensateci, la lealtà è ciò che ispira la fiducia: siamo passati in un battibaleno da un punto di vista soggettivo ad uno oggettivo.

La Dea Fides latina.

Tornando ai Greci, possiamo scovare qualche ulteriore significato di questa magnifica parola nei dialoghi platonici. Platone ci parla di Pistis quando ci delinea la sua Teoria della conoscenza, nel libro VI de La Repubblica. Secondo Platone, la conoscenza si articola in 2 stadi: l’opinione (δόξα) e la scienza propriamente detta (ἐπιστήμη). Ciascuno di questi 2 stadi è suddiviso in 2 parti: questa quadripartizione della conoscenza è raccontata metaforicamente nel celebre Mito della Caverna.

All’inizio del percorso della conoscenza gli uomini sono come prigionieri incatenati in una caverna buia, bloccati cosicché possano osservare solo il muro davanti a sé, dove sono proiettate da un grande fuoco delle ombre di forme che rappresentano oggetti, animali, piante o persone. Queste immagini sono le sole cose che possiamo conoscere in questo stadio, definito immaginazione (Εἰκασία). I prigionieri farebbero soltanto un piccolo passa avanti se rivolgessero l’attenzione direttamente alle forme che generavano tali ombre, perché resterebbero ancora nella caverna. Questa fase è ancora una conoscenza immatura, perché i prigionieri permangono all’interno della Caverna. Questa è la fase della Fede (Πίστις), ancora legata al divenire dell’esistenza e quindi lontano dall’essere scienza in quanto ricerca intellattuale.

Non dobbiamo stupirci: Platone conferiva maggiore importanza alle idee, agli archetipi, che non alle cose – che alla fine sono soltanto dei simulacri. Sembra quasi un declassamento rispetto all’altezza del termine Fiducia, eppure a ben vedere è un punto di vista che ne coglie un aspetto essenziale.

La Pistis di Platone è un atto di fede che non può essere “verificato” intellettualmente. Ed è questa la sua magia. La fiducia non ha a che fare con delle valutazioni razionali e intellettuali: quando diamo o chiediamo fiducia, lo facciamo con il cuore.

In questo senso, quest’anno mi ha insegnato che la fiducia è davvero un atto di fede. E per questo è così importante alimentarla. Perché fidarsi significa credere negli altri e dar loro una possibilità. È vero, è un rischio. Eppure tale fiducia innesca una serie di reazioni positive che non hanno nulla a che fare con la valutazione razionale del rischio. La fiducia si può perdere ma si può anche recuperare e noi essere umani siamo in grado di avvertire quando c’è o quando manca.

Ci sono poche cose più belle di un atto di fiducia incondizionata: pensate alla fiducia tra amanti o tra genitori e figli. È proprio quando un bambino è ‘in fiducia’ che inizia a camminare da solo.

Quante fantastiche cose potremmo fare, come umanità, se solo ci fosse più fiducia negli altri?

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